Diverse associazioni umanitarie hanno denunciato, il 23 gennaio, scorso la situazione di Lampedusa. In una nota stampa hanno chiesto, ormai più di dieci giorni fa, un incontro col ministro dell’Interno, Roberto Maroni.
Raggiunti al telefono, Amnesty International ci ha detto che ancora non hanno ricevuto risposta e che nulla è cambiato da allora a Lampedusa.
“Gli enti di tutela dei rifugiati riuniti nel Tavolo Asilo si sono rivolti oggi al ministro dell’Interno Roberto Maroni affinché vengano immediatamente sospese le nuove misure restrittive applicate a migranti e rifugiati arrivati via mare a Lampedusa“, è scritto nella nota stampa delle associazioni firmatarie Amnesty International Italia, Arci, Asgi, Casa dei diritti sociali-Focus, Centro Astalli, Cir, Comunità di S. Egidio, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, Medici Senza Frontiere, Movimento migranti e rifugiati di Caserta, Save the Children, Senzaconfine.
“Il Centro di Lampedusa è da anni un “CSPA” – Centro di Soccorso e di Prima Assistenza, e non un Centro di Identificazione ed espulsione (CIE, ex CPTA) né un Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo (CARA). La normativa in vigore non permette di valutare richieste d’asilo di persone trattenute nei CSPA, né di disporne l’espulsione dal CSPA stesso. La legge prevede invece l’obbligo di trasferire i richiedenti asilo in centri ove venga garantito l’accesso all’orientamento e all’assistenza legale. Il trattenimento nel CSPA implica una privazione della libertà personale e non è sottoposto al controllo del giudice: diventa quindi particolarmente allarmante se prolungato, come sta avvenendo, oltre le 48 ore”, è scritto nella stessa nota.
In un documento le stesse associazioni hanno chiesto: “In ragione della grave situazione che si sta determinando nell’isola di Lampedusa e dei seri e concreti rischi di estese violazioni dei diritti fondamentali dei migranti ed in particolare dei richiedenti asilo, dei minori e delle persone maggiormente vulnerabili, lesottoscritte associazioni chiedono al Ministero dell’Interno e alle altre istituzioni competenti di fare quanto in proprio potere per:
- sospendere le decisioni assunte, ripristinando la situazione che prevede l’utilizzo della struttura di Lampedusa con funzioni di centro di prima accoglienza e soccorso, e provvedendo al rapido trasferimento degli stranieri che giungono a Lampedusa presso altri centri, nel territorio nazionale, al fine dell’esame delle posizioni giuridiche individuali;
- evitare di sottoporre migranti e richiedenti asilo a ogni trattamento che potrebbe configurarsi come detenzione arbitraria;
- garantire l’accesso a un rimedio giudiziario effettivo ai migranti colpiti da respingimento o espulsione;
- garantire l’assistenza legale ai richiedenti asilo per la presentazione della domanda e durante la procedura di asilo;
- garantire l’accesso a un rimedio giudiziario effettivo ai richiedenti che ricevono un diniego della propria domanda di protezione internazionale;
- evitare ogni procedura di identificazione che, per sommarietà o rapidità, potrebbe condurre a espulsioni collettive o comunque illegittime;
- evitare l’espulsione di individui identificati come maggiorenni in virtù di metodi medico-legali che non danno risultati certi, tra cui la radiografia del polso; rinviare la determinazione dell’età a un momento successivo e affidarla a esami diagnostici differenziati; garantire che i minori non accompagnati non siano trattenuti a Lampedusa oltre il tempo strettamente necessario al loro trasferimento e che questo venga effettuato esclusivamente verso apposite strutture di accoglienza (comunità/centri SPRAR per minori) presenti sull’intero territorio nazionale;
- garantire l’identificazione certa del migrante (anche mediante la collaborazione delle Autorità Consolari, ove possibile) prima di procedere al respingimento;
- consentire l’accesso al centro alle organizzazioni che ne facciano richiesta, al fine di assicurare un monitoraggio della società civile sulla situazione.