Abbandonare l’Africa al suo destino non servirà a salvare il mondo occidentale travolto dalla spirale della crisi finanziaria.
A lanciare l’appello perché il continente nero non venga dimenticato in un momento storico in cui i Paesi sembrano interessati solo a salvaguardare la solidità dei propri istituti di credito è la diocesi di Milano, città per definizione fredda e frettolosa ma da cui in realtà provengono molti dei missionari attualmente impegnati nei Paesi africani.
L’occasione per lanciarlo è arrivata durante il convegno “L’Africa e noi. Economia, giustizia e solidarietà” organizzato nei giorni scorsi dalle realtà ecclesiali attive sul territorio lombardo nel settore della cooperazione internazionale.
“L’Africa osserva da spettatrice le catastrofi che si susseguono nelle borse dei paesi cosiddetti ‘sviluppati’ – si legge nel documento finale –. E con essa tutti i popoli che abitano i luoghi più poveri, o impoveriti, del pianeta vedono calare l’attenzione verso la loro sorte da parte del mondo ricco, che è troppo impegnato a leccarsi le ferite per preoccuparsi di quanto è necessario per ristabilire condizioni di giustizia per tutte le donne e gli uomini del pianeta”. Attenzione, dunque, a non ripiegarsi su se stessi, non solo riguardo alle risorse impegnate per ristabilire giustizia ed eguaglianza nei Paesi più poveri, ma anche al coinvolgimento del continente nei meccanismi finanziari mondiali, di solito in posizione subalterna.
Sulle iniziative da prendere i partecipanti al convegno hanno espresso chiaramente la loro idea. “Appare ormai ineludibile un’azione volta a dotare il sistema mondiale delle decisioni di regole accettate da tutti e che pongano tutti allo stesso livello, che in un certo senso, dunque, ridistribuiscano il potere tra chi decide – continua il documento –. In una parola ripensare le relazioni economiche in una sorta di partenariato per lo sviluppo, che viene in qualche modo espresso anche nell’ottavo degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio. Chi decide del futuro dell’Africa non sono oggi gli africani, ed è sul superamento di questo elemento che occorre concentrare l’attenzione”.
In questo senso si può guardare con un certo ottimismo agli accadimenti di questi giorni: il crollo della fantomatica finanza creativa, basata sullo scambio di denaro, potrebbe aprire le porte a un nuovo sistema economico basato su beni davvero esistenti, beni che si possono toccare con mano, attraverso un processo che sia finalmente davvero sostenibile e che coinvolga altri attori, quali Africa, Cina, India e America Latina. Se sono tante le analogie con il crollo del 1929, bisogna anche notare le differenze, come il fatto che Europa e America non sono più sole in un mondo ormai sempre più globalizzato.
“È necessario riconoscere che i meccanismi perversi che riempiono oggi di incognite la vita dei risparmiatori del mondo ricco sono, in fondo, gli stessi che contribuiscono ad affamare i popoli dell’Africa – si legge ancora nel documento finale –. La recente, e forse già quasi dimenticata, crisi dei prezzi dei prodotti alimentari ed agricoli è infatti legata alle medesime logiche… Dunque non basta semplicemente staccare l’economia reale da quella ‘di carta’: occorre cambiare i meccanismi stessi che di fatto negano la possibilità a produttori e consumatori di essere arbitri consapevoli delle loro decisioni”.
Dunque è giunto il momento di “cambiare le regole del gioco su ‘chi decide’ a livello globale e rovesciare in qualche modo l’impostazione, partendo non tanto dal punto di arrivo, cioè dai risultati che si vogliono ottenere, quanto piuttosto da quello che dovrebbe essere il vero punto di partenza: un processo partecipativo delle singole comunità, che coinvolga i diversi attori locali e li metta in condizioni di costruire in permanenza il proprio futuro”. E in questo processo Milano potrebbe davvero candidarsi al ruolo di capofila: proprio qui, infatti, nel 2015 si terrà l’Expo che avrà come tema Nutrire il pianeta, energia per la vita. Tra gli obiettivi dichiarati dagli organizzatori della manifestazione, quello di riproporre la tematica dell’alimentazione “alla luce dei nuovi scenari globali al centro dei quali c’è il diritto ad una alimentazione sana, sicura e sufficiente per tutto il pianeta”.