Quasi tutti coloro che hanno avuto la buona o cattiva sorte di ritornare tra i vivi dicono che quando si scivola nel tunnel della morte si è come circondati da un immenso, rasserenante biancore.
Quale potrebbe essere invece il colore del risveglio dallo stato di coma e, per analogia, mettendola sul piano politico/sociale, il risveglio dal lungo torpore in cui è sprofondata gran parte della societa’ civile italiana negli ultimi 15 anni?
Quale colore potrebbe essere in grado di fugare in men che non si dica l’algido candore del coma profondo in cui versa la nostra societa’ civile?
Mi verrebbe da pensare a un bel giallo, ricco luminoso, solare che potrebbe anche mantenere tra le pieghe qualcosa di fresco, tipo il colore dei limoni.
Ebbene, questo è il colore che è toccato in sorte alla giornata Primo Marzo 2010: una giornata senza migranti, che si svolgerà in Italia come pure in Francia, Grecia, Spagna, rifacendosi a una simile iniziativa di successo organizzata nel 2006 negli Stati Uniti sulla scia del film di Arau “A Day Without Mexicans”, (Un giorno senza messicani).
Siamo stati abituati per piu’ di un secolo ad abbinare i colori alle ideologie politiche, qui in Italia principalmente il rosso il nero.
Questa tendenza è stata interrotta negli anni 70-80 quando il movimento ecologista dei verdi fece irruzione nella società e, secondariamente nella scena politica, piazzandosi in posizione autonoma rispetto a politica e religione.
Poi ci sono stati i vari arcobaleni (della pace in Italia rifacendosi alla Bibbia, la Rainbow Coalition tra gruppi etnici, o dei diritti GLBT negli USA).
Gli arancioni di Rajneesh si rifacevano a simbologie induiste e il movimento indipendentista dell’Ucraina ha scelto lo stesso colore.
Negli ultimi tempi il verde è stato riciclato e di conseguenza da noi in Italia è toccato in sorte il verde della Lega nord mentre invece in Iran è il colore dei sostenitori di Moussavi.
Adesso in Italia il viola è stato scelto per simboleggiare l’ultima resistenza allo sfacelo della Costituzione, nonostante il fatto che in un paese cattolico faccia venire in mente la Quaresima.
Che rimestolio di simboli e di colori!
I capovolgimenti sono tali da far perdere l’orientamento cromatico.
È interessante notare che il giallo, l’ipotetico colore del risveglio del coma, possiede sia valenze positive sia negative, e per me che provengo da due terre la situazione si ingarbuglia ulteriormente: sul piatto positivo della bilancia mi viene da collocare il sole (e lo sento già che in versione melo-stereotipata “Sta in fronte a te! Sta in fronte a me!”), le distese di grano frammezzate a papaveri rossi e fiordalisi azzurri,il “Yellow submarine” dei Beatles, quella specie di imbarcazione speranzosa che ci contiene tutti (“We all live in a yellow submarine”); sul piatto negativo il giallastro dell’itterizia di chi ha sofferto l’epatite virale, i morti ammazzati che popolano il genere letterario giallo, il giallo dei crumiri, mi ha ricordato un amico.
Negli Stati Uniti addirittura la stampa gialla, certo giornalismo sensazionalista che in un certo momento ha favorito movimenti guerrafondai.
Per non parlare poi del famoso “yellow ribbon” (nastro giallo) che a scelta potrebbe simboleggiare un augurio di ritorno a casa delle truppe sparse per terre straniere, il simbolo di fedeltà di una moglie e del suo entusiasmo per il ritorno a casa del marito detenuto (“Tie a yellow ribbon round the old oak tree”), o spaziando verso le Filippine , il colore scelto da Cory Aquino nella lotta contro Marcos.
Esiste poi, storicamente, anche il giallo dell’emarginazione, basti pensare alla stella di David gialla che furono costretti a portare gli ebrei durante le persecuzioni naziste o il segnale di pericolo della bandiera gialla che veniva issata secoli prima sulle imbarcazioni in cui c’erano gli appestati o, più tardi, i malati di colera.
Oggi in Italia in un certo senso il giallo del primo marzo abbraccia le due valenze: il sole e un auspicabile risveglio della società che aspira a un nuovo modo di vivere insieme da un lato, e dall’altro la riscossa degli emarginati, degli appestati e degli ebrei di oggi che provengono prevalentemente dal sud del mondo e qualche volta anche dall’est.
Arrivati ad una condizione di sfibramento da denigrazione, sfruttamento e ostilità, specialmente qui in Italia, i migranti oggi ci dicono: e vabbuo’ volete la nostra invisibilità, volete godere dei frutti del nostro lavoro e della nostra immaginazione ma senza il fastidio di dover riflettere su come si potrebbe vivere insieme in maniera equa?
Ebbene noi ci renderemo invisibili per un giorno perché siamo noi a deciderlo, non ci vedrete nei luoghi di lavoro, degli acquisti, dell’amministrazione, dei commerci , per un giorno sarà “No business as usual” e al nostro posto troverete la grande macchia gialla di una fetta della popolazione, che abbraccia migranti e stanziali e che si impegna, e non solo oggi, ma nel lungo termine, a far sparire questa odiosa separazione tra “noi” e “loro”.
La parola “invisibilità”, ricorre nelle testimonianze dei lavoratori africani di Rosarno, che lamentano in una lettera “ “Non potevamo più attendere un aiuto che non sarebbe mai arrivato perché siamo invisibili, non esistiamo per le autorità di questo paese. Ci siamo fatti vedere, siamo scesi per strada per gridare la nostra esistenza” […]
Dovrebbe far riflettere il fatto che questa condizione di invisibilità caratterizzava anche l’esistenza degli afro-americani solo qualche anno prima che nascesse il movimento per i diritti civili, e non a caso, nel 1953 esce il libro dell’autore afro-americano Ralph Ellison intitolato “Invisble Man” il cui protagonista vive in angolo dimenticato della cantina di un palazzo per soli bianchi.
In questo posto segreto, rubando l’elettricità all’edificio egli crea un ambiente illuminato da 1369 lampadine (la sua macchia gialla).
Dice, “Il mio buco è caldo e pieno di luce. Sí pieno di luce. Dubito che esista un posto più luminoso in tutta New York, compresa Broadway”.
Spiega poi che la luce è per lui una necessità intellettuale dal momento che “la verità è luce e la luce è verità”.
Pochi anni dopo la pubblicazione di questo libro, nel 1955, nasce e si espande rapidamente il movimento per i diritti civili degli afro-americani la cui potenza ed il cui impatto sulla società statunitense sono noti in tutto il mondo.
Dall’invisibilità alla luce: ci auguriamo che questa analogia sia foriera della nascita di un movimento di notevoli proporzioni in tutta Europa per un nuovo modo di vivere insieme.
Che il Primo Marzo 2010 danzi al ritmo di una Rapsodia in giallo il cui volume sommerga il cadenzato passo marziale che da un po’ caratterizza la colonna sonora del BelPaese!
Pina Piccolo
Febbraio 2010