Del Re: vicini al Mali, è il nostro confine sud (Avvenire)
Un gesto d’amore». Così nei giorni scorsi il presidente di transizione del Mali, Bah N’Daw, ha accolto la notizia secondo cui l’Italia aprirà un’ambasciata a Bamako, pur in un momento storico che vede ancora forti tensioni sul territorio in un Paese vittima di attentati islamisti e di tensioni separatiste. Ma l’Italia crede nel percorso avviato dalle nuove istituzioni, al punto che nei giorni scorsi la viceministra degli Esteri, Emanuela Del Re, è tornata nella capitale maliana Bamako per la seconda volta nel giro di pochi mesi, proprio per mostrare la vicinanza del nostro Paese e incontrare le autorità locali. «Il Mali è un Paese strategico sia per l’Italia sia perché è di cruciale importanza per la stabilità dell’intera area del Sahel. Noi siamo pronti a sostenerlo», sottolinea Del Re.
Viceministra, che Paese ha avuto modo di trovare?
Ho trovato un Paese in un momento storico di grande intensità e di fronte a una svolta, un Paese che ha sì responsabilità da affrontare ma anche molte opportunità. Ci sono energia ed entusiasmo che si erano persi nel tempo a causa dell’insicurezza, della corruzione e delle condizioni economiche difficili.
Che profondità possono raggiungere i legami tra Italia e Mali?
I nostri rapporti sono già profondi da tempo perché attraverso la cooperazione siamo presenti da decenni: il nostro primo accordo di cooperazione è del 1985. Inoltre in Italia vivono 47mila maliani, quindi c’è un legame importante. L’anno scorso durante la mia visita mi ero resa conto della necessità di un passo ulteriore per avere un dialogo continuativo più diretto. Da qui l’idea di aprire l’ambasciata, accolta appunto dal presidente maliano come un gesto d’amore. Il nostro approccio, d’altronde, si basa su un’intesa non solo politica ma anche sulla sensazione di condividere principi comuni.
Lei ha detto che il Mali può rappresentare il nostro confine meridionale…
Sì, di fatto lo costituisce perché è una zona dove si concentrano incredibili interessi per la comunità europea. E la zona che si pone come fascia fondamentale per la gestione di tutti i traffici che devono essere interrotti, come la tratta di esseri umani. Se raggiungeremo la stabilità in Mali allora la otterremo anche in molte altre zone come il Maghreb che hanno ricaduta diretta sulle migrazioni.
Ma come si può arrivare alla stabilizzazione della regione?
Si può e ci si deve arrivare. Questo nuovo governo sta mettendo l’accento su aspetti come riconciliazione nazionale e principio di inclusività e noi siamo pronti ad accompagnarlo. Ovviamente nessuno più dei maliani conosce il Mali e occorrono soluzioni africane a problemi africani, ma ci hanno chiesto aiuto e noi ci siamo. C’è la possibilità di ricostruire il tessuto sociale che si era slabbrato anche a causa della povertà.
La Francia è storicamente il Paese più presente in Mali. Come si può collaborare con gli altri Paesi europei?
A Bamako ho incontrato anche il capo delegazione dell’Ue in Mali e il capo della missione Eucap. Gli obiettivi sono gli stessi: si cerca il più possibile di cooperare e ogni Paese dà il suo apporto con le sue competenze e specificità. Ci sono ovviamente interessi straordinari, come quelli della Francia, ma per quanto riguarda problemi e strategie ci si confronta con franchezza per ottenere obiettivi di stabilità e pace. L’Italia ha un approccio multidimensionale basato su buongoverno e cooperazione allo sviluppo e noi su questo siamo fermissimi. Inoltre vorrei sottolineare l’entusiasmo della comunità maliana in Italia, che ha seguito la mia missione a Bamako con molta attenzione: dovremo puntare anche su di loro.
Fonte: esteri.it