Caro Direttore,
Le scrivo mentre sono in missione in Niger, Senegal e Guinea.
Nel 2017 l’Africa è stata centrale nella politica estera italiana: con la Ministeriale dei Paesi di Transito, svoltasi alla Farnesina a luglio del 2017, abbiamo ideato un formato innovativo che si è affermato a livello di Capi di Stato e di Governo e abbiamo proposto un modello, accolto dal Vertice Ue-Africa di Abidjan, su rimpatri volontari assistiti di migranti economici e reinsediamenti di rifugiati; abbiamo dedicato all’Africa una sessione del G7 di Taormina; abbiamo aumentato la nostra presenza diplomatica nel continente africano, riattivando la nostra ambasciata in Libia e aprendo nuove ambasciate in Niger, Guinea e Burkina Faso; abbiamo incrementato gli aiuti di cooperazione all’Africa, dai 140 milioni di euro del 2016 ai 180 milioni nel 2017.
Ho, quindi, deciso di dedicare all’Africa il primo impegno istituzionale del 2018 per coronare questo salto di qualità nelle relazioni tra Italia e Africa.
II Niger, posto alla frontiera Sud della Libia, è stato inserito tra quelli prioritari della politica estera italiana. Ho nominato, per la prima volta, un giovane ambasciatore a Niamey, dove ieri ho inaugurato la nostra ambasciata e incontrato – la quinta volta in meno di un anno – il mio omologo nigerino.
La linea italiana ha coniugato sicurezza e solidarietà.
Ho voluto destinare al Niger 50 milioni di euro per il rafforzamento del controllo delle frontiere con la Libia – ottenendo un abbattimento dei flussi migratori dai 70.000 del maggio 2016 ai 4.000 del luglio 2017 -,15 milioni per contribuire ai programmi dell’Oim (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) di rimpatrio volontario e 31 milioni di euro per migliorare le condizioni delle popolazioni locali.
II governo italiano ha poi deliberato a dicembre il dispiegamento in Niger di un contingente di formatori anche per sostenere la Forza Congiunta del G5 Sahel e contrastare le minacce legate al jihadismo islamico, alla criminalità organizzata e ai traffici illeciti.
Sosteniamo anche iniziative di sicurezza regionale: la missione Onu Minusma in Mali e quelle europee di formazione e assistenza di militari e civili nel Sahel.
Perché sappiamo bene, dalla tragica esperienza libica, che il collasso delle istituzioni statali ha un costo notevole per le popolazioni locali e per i Paesi vicini.
Non ci può però essere sicurezza senza sviluppo. Per questo, credo molto nella funzione strategica della cooperazione allo sviluppo.
Sei su dieci africani hanno meno di 25 anni e, da qui al 2050, la popolazione giovanile raddoppierà, da circa 230 milioni ad oltre 450 milioni.
Per tanti Paesi africani è essenziale che alla crescita demografica corrispondano adeguati sbocchi occupazionali. E l’istruzione e la cultura restano i nostri migliori alleati per sostenere lo sviluppo e contenere i flussi migratori.
Per questo, oggi, sono in Senegal, Paese ricco di potenzialità, che investe molto nell’istruzione e dove, ai programmi di cooperazione, aggiungiamo quelli culturali, con la riapertura dell’Istituto italiano di cultura. L’ultima tappa è in Guinea, tra i Paesi d’origine dei flussi migratori, dove ho inviato un giovane ambasciatore per aprire la nostra ambasciata e rilanciare la collaborazione economica.
Perché l’Africa è anche un continente di opportunità.
In Europa dobbiamo essere consapevoli che, mentre Paesi come la Cina vi realizzano enormi investimenti, in Africa è in gioco il nostro destino di sicurezza e prosperità. E’ una sfida, questa, che l’Italia e la diplomazia italiana hanno colto e cominciato a vincere.
Fonte: esteri.it