Aver consentito agli autori di molestie sessuali e aggressioni di sfuggire alla giustizia ha alimentato la violenza scatenatasi contro le donne nella zona di piazza Tahrir, ai Cairo, negli ultimi mesi. È questa la responsabilità che Amnesty International addossa alle autorità egiziane, in un nuovo briefing basato sulle testimonianze delle sopravvissute alla violenza sessuale e di attivisti e attiviste.
Nel briefing, Amnesty International denuncia l’identica modalità con cui si svolgono le aggressioni di massa: un gruppo di uomini, che si fa rapidamente sempre più grande, circonda una donna isolata o la separa dai suoi amici. La donna viene trascinata all’interno del circolo di uomini, che violano il suo corpo con le mani o con armi da taglio mentre cercano di denudarla.
«Questi attacchi violenti e orribili, compresi gli stupri, avvenuti nella zona di piazza Tahrir ci dicono quanto sia indispensabile, ora, che il presidente Morsi adotti provvedimenti drastici per porre fine a una cultura basata sull’impunità e sulla discriminazione di genere. I leader politici devono prendere posizione su questo», ha dichiarato Hassiba Hadj Sahraoui, vicedirettrice del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.
Il gruppo Operazione antimolestie e aggressioni sessuali, creato da organizzazioni egiziane per i diritti umani e da singoli attivisti, ha ricevuto denunce di 19 casi di attacchi violenti contro le donne, il 25 gennaio 2013, nella zona di piazza Tahrir.
Un secondo gruppo, denominato (Ho visto le molestie), è intervenuto in altre cinque occasioni.
Le attiviste per i diritti umani e alcune delle stesse sopravvissute ritengono che l’obiettivo degli attacchi sia quello di escludere le donne dai luoghi pubblici, ridurle al silenzio e fiaccare il morale dell’opposizione. Come ha detto ad Amnesty International Dalia Abdelwahab, a sua volta sopravvissuta alla violenza sessuale, «Non starò in silenzio. Tutte le donne in Egitto si devono svegliare. Altrimenti, questa violenza continuerà…».
«A causa dello stigma associato alle molestie e alla violenza sessuale contro le donne e dell’attitudine dei pubblici ufficiali, molti casi non vengono denunciati. Chi cerca di farlo e chiede un cambiamento si trova di fronte un muro d’indifferenza se non di colpevolizzazione e disprezzo», ha ricordato Sahraoui.
La costituzione adottata a seguito del referendum del dicembre 2012 ignora i diritti delle donne e non proibisce espressamente la discriminazione per motivi di genere, rafforzando in questo modo pratiche e abitudini discriminatorie. Il Consiglio nazionale di stato per le donne ha condannato le recenti violenze e ha sollecitato indagini. Il presidente Morsi, come capo dello stato, deve fare lo stesso e mostrare di avere davvero la volontà politica di fermare la violenza. (ai)
Fonte: Riforma