EDUCHERÒ MIA FIGLIA DA SOLA
Questa e’ una storia tratta da un progetto in progress che s’intitola: “The Journey – la nostra storia”, un documentario sulla presenza degli africani nella citta’ di Verona negli ultimi 35-40 anni. Le interviste che abbiamo fatto con i primi africani nella città si sono rivelate più di una semplice raccolta d’informazioni. Sono stati degli incontri appassionanti e impegnativi.
Recentemente siamo passati dalle interviste ai primi africani a Verona, a quelle ai loro figli che sono nati in Italia. Non ci crederete ma molti di questi ragazzi, adesso entrati da poco nell’eta’ adulta, hanno delle storie incredibili da raccontare sia a proposito delle loro esperienze sia su quelle che hanno sentito dai loro genitori.
Prima di tutto, ecco un assaggio di una pre-intervista con una giovane donna, nata da genitori ghanesi, e poi alcune domande: “ci eravamo appena trasferiti dal sud al nord Italia e mio padre aveva subito un grave incidente ed era costretto a casa per riprendersi. Io avevo circa sei anni e volevo iscrivermi a scuola, così mia madre mi porto’ al comune per la registrazione. Quando il processo di registrazione arrivo’ quasi alla fine, siccome mio padre non ci poteva accompagnare a causa del suo incidente, eravamo state affidate a un prete che ci ha portato alla Caritas che ci avrebbe assistito in altre necessita’. Ricordo che il prete disse a mia madre che non mi avrebbe accettata perché ero (un’africana) di colore e che i bambini italiani si sarebbero irritati in classe. Mia madre era disperata e così mi porto’ a casa piena di rabbia. Questo dopo aver risposto al prete che avrebbe educato la sua bambina da sola. Mi compro’ dei libri d’inglese e inizio’ a insegnarmi a casa fino a quando non ci trasferimmo in un’altra zona”.
La nostra intervistata adesso ha quasi 30 anni. Ha finito l’università a Verona e spera che gli africani in Italia possano essere trattati meglio e che ci siano relazioni eque tra loro e la gente del posto.
“Quando ci siamo trasferiti a Vicenza,” continua, “e mio fratello più giovane comincio’ la scuola elementare, la maestra diceva sempre a mia madre di lavare mio fratello a casa perché i bambini a scuola lo baciavano pensando che fosse di cioccolato…”
Ora le domande: perché il prete e la maestra hanno rifiutato quella bambina di sei anni? Era proprio vero che, in quanto africana, i bambini italiani non l’avrebbero accettata tra loro? Il problema sono i bambini o sono gli adulti che non sono capaci di capire l’umanità che sta dietro la fantasia del colore, delle differenze culturali e delle nazionalità?
La struttura politica italiana probabilmente non sarà costruita sul razzismo o sulla discriminazione delle persone sulla base delle loro identità culturali, ma perché questi sistemi accettano qualche volta che nell’Italia di oggi ci siano persone con retroterra culturali diversi ma allo stesso tempo cercano di nascondere la realtà di queste persone, come se non fossero già abbastanza qualificate per esistere nella vita pubblica italiana? Quand’e’ che le persone di origine africana ma di nazionalità italiana saranno arruolate nelle forze armate italiane? Quando sarà concesso loro di servire nelle forze di polizia, rendendo un servizio alla società in cui hanno scelto di spendere le loro vite?
A Verona, per esempio, come si giustifica l’amministrazione locale che a mala pena accetta che la città non e’ più mono-culturale e che ignora il fatto che rendere un servizio alla città significa renderlo a tutti senza distinzioni etniche o culturali? Cosa c’e’ di sbagliato nel permettere alle persone con altre identità culturali di lavorare nella polizia locale, nei sistemi di trasporto, negli uffici postali, nelle scuole, nei vigili del fuoco, negli ospedali, nelle banche e negli uffici amministrativi?
E’ vero che una minoranza la’ fuori vuole vedere i non-italiani nelle campagne, nelle industrie e in altri posti nascosti. Perciò sarebbe sbagliato se gli amministratori locali volessero usare questa visione limitata come un bastone per mantenere nell’oscurità i molti aspetti della società veronese odierna. La realtà e’ molto più di una semplice visione.
Ewanfoh Obehi Peter
Traduzione di Piervincenzo Canale
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