Paure crescenti, insicurezza sul futuro, lavori dequalificati e sottopagati: i dati della ricerca dell’Associazione Bruno Trentin-Isf-Ires Cgil che sarà presentata il 2 ottobre.
Quattro immigrati su dieci pensano di non poter restare più in Italia e di dover riprendere un nuovo percorso migratorio verso altri Paesi europei o di rientro nei Paesi di origine. È questo uno dei risultati di un’indagine condotta dall’Associazione Bruno Trentin-Isf-Ires della Cgil su un campione di oltre mille immigrati provenienti da diverse aree del mondo, in 10 regioni del nord, centro e sud Italia. I risultati della ricerca dal titolo Qualità del lavoro e impatto della crisi tra i lavoratori immigrati verranno presentati il 2 ottobre alle 10 presso la sede della Cgil nazionale, alla presenza del vice ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Maria Cecilia Guerra. Interverrà il presidente dell’associazione Fulvio Fammoni e concluderà i lavori il segretario confederale della Cgil Vera Lamonica.
Il quadro che emerge dall’indagine, così come dai dati Istat, descrive ancora una volta un lavoro immigrato dequalificato, in cui non c’è quasi mai progressione di carriera e che rimane fortemente confinato nei settori a minor valore aggiunto.
La crisi ha colpito l’occupazione, le retribuzioni e le condizioni di lavoro, e l’effetto è che aumentano gli orari ma diminuiscono le giornate lavorative, aumenta il lavoro nero, le forme di falso part time e il falso lavoro autonomo. Ma, soprattutto, aumentano le paure e quella di perdere o non trovare più lavoro coinvolge la quasi totalità degli immigrati, perché il lavoro, oltre a garantire un reddito e una vita dignitosa, è la condizione senza la quale non è possibile soggiornare regolarmente nel nostro Paese.
Dunque i lavoratori sono più ricattabili e le condizioni di lavoro, già molto problematiche, diventano ancora più vessatorie. Anche chi vive in Italia da molti anni (e sono la grande maggioranza degli immigrati), non sembra che sia riuscito a superare le dinamiche discriminatorie di un mercato del lavoro duale e, purtroppo, anche per le seconde generazioni il percorso di piena acquisizione dei diritti di cittadinanza appare molto difficoltoso.
Fonte: www.immigrazioneoggi.it, migrantitorino.it