Un coraggioso manifesto dell’europeismo ai tempi delle semplificazioni populiste, delle spinte alla disgregazione e di una crisi senza precedenti del progetto europeo.
È questo il libro di Giorgio Napolitano, “Europa, politica e passione”, che costruisce un ponte tra il passato, il presente e il futuro. Ripercorre le tappe principali del processo di integrazione europea e ricorda gli ideali e gli eventi che hanno ispirato, anche in Italia, l’Europa come passione politica .
Si sofferma poi sulla drammaticità della crisi attuale, cui convergono sfide di segno diverso, a cominciare da quella esistenziale sull’immigrazione. E compie infine un atto di fiducia nel futuro, argomentando le ragioni di un europeismo chiamato a rinnovarsi profondamente nelle politiche, restando però fedele ai suoi valori tradizionali.
Napolitano, indica una strada a tre corsie per far uscire il nostro continente dalla “tempesta perfetta “in cui si trova, per rifondare una “responsabilità e solidarietà europea” che, come osservava Antonio Giolitti, sta alla base dell’unità dell’Europa. Anzitutto, invita a resistere ad una duplice tentazione: fare tabula rasa di quanto costruito sino ad oggi, da un lato; arrendersi al catastrofismo, dall’altro. In secondo luogo, sottolinea l’importanza di fare chiarezza sul futuro del progetto europeo, anche per dare risposte efficaci e lungimiranti alle tante sfide che ci riguardano: immigrazione, terrorismo, disuguaglianze e disoccupazione, governo dell’euro. Ciò significa , qualunque sia l’esito del referendum britannico, uscire dall’afasia nostalgica che ha colpito le stesse forze europeiste e trovare il modo di far avanzare verso “una sempre più stretta unione” i Paesi pronti a farlo. Infine, a fronte dei movimenti populisti ed euroscettici, Napolitano esorta a far nascere una nuova volontà politica europeista, attraverso un coraggioso esercizio di leadership. Esercizio per il quale rivolge un appello, in particolare, alle forze social-democratiche, avvertendo: “oggi per l’Europa occorre che quanti credono nei suoi valori e sentono l’imperativo della sua unità sappiano osare e rischiare”.
Un’Europa più unita e più forte non è solo un’aspirazione ambiziosa. È oggi un atto di realismo politico, quel realismo che, come ci ricorda Napolitano, accompagnava la grande visione di Spinelli e risuonava nelle parole di Helmut Schmidt: “Se noi europei vogliamo avere la speranza di mantenere un significato per il mondo, possiamo farlo solo in comune”.
È una visione che facciamo nostra, nella convinzione che senza una forte iniezione di ottimismo della volontà, il progetto europeo sia condannato alla stagnazione. È dunque tempo, nell’immediato, di dare risposte concrete e “solidali” a questioni che toccano da vicino la vita dei cittadini .A partire dalla crisi sulla quale la proposta italiana del Migration Compact è l’occasione per superare ritardi e resistenze inaccettabili. È tempo, in prospettiva, di lavorare ad un’Europa a “cerchi concentrici” che organizza i suoi diversi livelli di integrazione e che sappia incidere, già da oggi, sulle sfide del Mediterraneo e dell’Africa. Dopo l’Europa incerta dei piccoli passi, serve un realismo dei grandi passi. A partire dallo spirito e dal lavoro del gruppo dei “Sei Paesi fondatori” che ho riunito a Roma qualche tempo fa, anche in vista di marzo 2017, quando celebreremo il 60° anniversario dei Trattati di Roma.