La prima Conferenza ministeriale Italia-Africa in corso a Roma, che precede di pochi giorni il 53° anniversario dell’Unione Africana, testimonia, nella maniera più autorevole, l’attenzione che il nostro Paese riserva al Continente.
Al centro abbiamo posto il tema dello «sviluppo sostenibile» dell’Africa: in termini di pace e sicurezza, crescita economica, ambiente e migrazioni.
È un’iniziativa che ripeteremo ogni due anni, per gettare le basi per una partnership paritaria, permanente e di lungo periodo tra l’Italia e l’intero Continente africano, i singoli Paesi e le organizzazioni regionali.
Quando parlava dell’Africa, Nelson Mandela la presentava come «una regione dal potenziale vasto e ancora intatto».
E in effetti l’Italia vede nell’Africa una terra di opportunità che vivrà da protagonista il XXI secolo, proprio in virtù del suo potenziale ancora inespresso: sul piano umano, politico, economico e culturale. L’Italia sta operando in modo concreto per trasferire questa consapevolezza anche in Europa.
L’Europa deve dare priorità all’Africa anche perché i prossimi anni saranno decisivi per capire che direzione prenderà il modello di sviluppo del Continente. Nel nuovo secolo, molti Paesi africani hanno fatto registrare progressi significativi per quanto concerne la stabilità politica, la crescita economica e gli standard sociali.
La speranza, che sembrava averla abbandonata, è di nuovo di casa in Africa.
Ma le sfide da vincere per uno sviluppo davvero sostenibile restano molte, a cominciare dalla crescita demografica. Entro il 2050 la popolazione africana raddoppierà, raggiungendo i due miliardi e mezzo di persone. Sarà dunque essenziale saper creare opportunità economiche per le nuove generazioni.
Con il lavoro, la diffusione dell’istruzione e della cultura, e con la crescita del ruolo delle donne nella società, si combattono i rischi di instabilità sociale e di radicalizzazione.
Oltre alla dimensione economica, è tempo di riconoscere che l’Africa ha acquisito anche una nuova soggettività politica internazionale: da destinatari di aiuti, i vari Paesi sono diventati partner a tutto tondo di Europa, Stati Uniti e Cina.
Ecco perché oggi possiamo parlare di centralità dell’Africa nelle dinamiche globali.
Senza l’Africa, la globalizzazione è incompiuta. Senza uno stretto rapporto di cooperazione con l’Africa non è più possibile affrontare efficacemente questioni internazionali come il terrorismo, i flussi migratori, la sicurezza energetica, i traffici di esseri umani e di droga, i cambiamenti climatici.
Nel perseguire questa rinnovata cooperazione, l’Italia continuerà ad avvicinarsi all’Africa con grande rispetto.
È su queste basi, di parità di interlocuzione, che proponiamo ai vari Paesi di lavorare insieme per dare risposte comuni alle sfide globali che abbiamo di fronte. Ed è con lo stesso spirito che l’Italia si è candidata ad un seggio non permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per il biennio 2017-2018, e ci stiamo preparando per una significativa azione di outreach verso l’Africa in occasione della nostra Presidenza del G7, prevista per il 2017.
Insomma, il messaggio è chiaro: l’Italia ha scelto di scommettere in modo strategico sul futuro dell’Africa.
Il nostro investimento di lungo periodo sulla sostenibilità dello sviluppo del Continente è principalmente indirizzato a tre macro-aree. In primo luogo, alla sostenibilità della sicurezza e della pace. In Africa il numero dei conflitti negli ultimi anni è diminuito. L’Unione Africana e le altre organizzazioni sub-regionali svolgono un ruolo importante a favore della stabilizzazione. Tuttavia, il terrorismo fondamentalista rappresenta una minaccia sempre più insidiosa, con Boko Haram e gli Shabaab che mantengono una pericolosa capacità di infiltrazione. E l’Italia è in prima fila nella lotta contro il terrorismo, per la stabilizzazione della Libia, della Somalia e del Corno d’Africa, oltre che nel rafforzamento delle capacità africane di risposta alle crisi che interessano il Continente.
A questo riguardo, ricordo l’Italian Africa Peace Facility e l’impegno bilaterale che assicuriamo alle attività di prevenzione e mediazione, grazie anche al nostro ruolo di Presidenti dell’IGAD Partner Forum. Ricordo inoltre, i programmi di formazione realizzati dal COESPU di Vicenza, dall’Arma dei Carabinieri e dalla Guardia di Finanza in stretta collaborazione con le Nazioni Unite, l’Unione Europea, l’Unione Africana e le altre Organizzazioni subregionali.
Per garantire sicurezza in Africa, come nel «Mediterraneo allargato», abbiamo bisogno di fermare il circolo vizioso tra fragilità economico-sociali, fallimento degli Stati e affermazione degli estremismi jihadisti. È necessario cioè rafforzare la «resilienza» degli Stati.
L’Italia sostiene pertanto l’interesse africano, autorevolmente espresso dalla Presidente Zuma, al rafforzamento delle attività di peace-building, indispensabili per il consolidamento delle società post-crisi e per la costruzione di istituzioni statali realmente inclusive e rappresentative.
Il secondo filone dell’investimento strategico dell’Italia riguarda la sostenibilità dello sviluppo economico: un impegno in linea con l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e l’Agenda 2063 dell’Unione Africana. Il PIL dell’Africa continuerà a crescere nei prossimi anni. Ma, a fronte delle recenti difficoltà dovute al ribasso dei prezzi delle materie prime, è sempre più urgente avviare riforme strutturali utili a modernizzare l’agricoltura, gestire i processi di urbanizzazione, diversificare il sistema produttivo, costruire nuove infrastrutture, acquisire tecnologie e incrementare il commercio intra-africano.
L’Italia ha un ruolo rilevante da giocare. Con 38 miliardi di interscambio, siamo al 6°/7° posto tra i partner commerciali del Continente, nonostante il calo di importazioni energetiche dalla Libia. Nei prossimi anni il nostro interscambio crescerà ad un tasso intorno al 5%.
Le nostre imprese – portatrici di un modello di business fondato sulla collaborazione con i partner locali – partecipano a pieno titolo alla scommessa sull’Africa. E, sulla scia dell’esperienza di Expo Milano, contribuiranno alla sua sicurezza alimentare, all’integrazione dell’agricoltura africana nelle catene globali del valore, al miglioramento dei servizi sanitari, alla formazione e alla creazione di occupazione soprattutto per giovani e donne.
Potranno altresì favorire una «rivoluzione verde sostenibile» attraverso la diffusione delle energie rinnovabili e i progetti di distribuzione elettrica. Promuovere un percorso verso la cosiddetta «crescita verde» nel Continente africano è una sfida cruciale anche per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici.
L’Italia è parte attiva di importanti iniziative destinate all’Africa in questo settore, quali il “Sustainable Energy Fund for Africa” o l’ “Africa Climate Change Fund”, gestiti dalla Banca Africana di Sviluppo.
Manifestazioni climatiche sempre più violente, con le conseguenti carestie, mantengono intere regioni africane in uno stato di emergenza cronica, causando sempre più spesso movimenti forzati di persone, i cosiddetti “rifugiati climatici”. El Niño, che ha minacciato la sopravvivenza di 28 milioni di persone in Africa, è solo l’ultima emergenza in ordine di tempo, alla quale l’Italia ha risposto con un piano di 10 milioni di euro per la sicurezza alimentare delle popolazioni vulnerabili dei Paesi colpiti.
Dopo pace e sicurezza e sviluppo economico e ambientale, la terza macro-area di investimento strategico concerne la sostenibilità dei flussi migratori.
Tra il 2010 e il 2015 quasi due milioni di migranti africani sono arrivati in Europa. Non si tratta tuttavia di un fenomeno solo africano: basti pensare al flusso ingente di siriani che nell’ultimo anno ha raggiunto l’Europa attraverso la “rotta Balcanica” o al fatto che nel 2015, a livello mondiale, sono state 60 milioni le persone costrette a spostarsi.
In Europa, l’Italia è stato il Paese che per primo, e inizialmente da solo, ha posto la questione nei suoi termini reali: e cioè non come un’emergenza passeggera, ma come una sfida globale e di lungo periodo, che pertanto necessitava una risposta comune, lungimirante e all’altezza dei nostri valori.
Ecco perché abbiamo avvertito come nostro imperativo morale il salvataggio in mare di decine di migliaia di migranti che attraversavano il Mediterraneo, sforzo di cui siamo fieri e che intendiamo proseguire. Ecco perché abbiamo fortemente voluto la Conferenza de La Valletta e prima ancora – insieme ai Paesi del Como d’Africa – il Processo di Khartoum.
Ed ecco perché abbiamo presentato il “Migration Compact” e messo la collaborazione tra UE e Africa in cima all’agenda europea. Naturalmente siamo già impegnati affinché questa iniziativa si traduca presto in seguiti concreti.
Il prossimo appuntamento sarà il Consiglio Europeo di giugno dal quale chiediamo esca un Piano operativo e ad ampio raggio sull’Africa, con la possibilità di far partire in tempi brevi i primi progetti pilota.
Attraverso il “Migration Compact” l’Italia si pone come «avanguardia» e «ponte» nel rapporto tra il «vecchio Continente» e il Continente dei giovani. Per affrontare le nuove sfide globali che abbiamo di fronte Italia, Europa e Africa, unite dal Mediterraneo, devono infatti lavorare insieme con coraggio e lungimiranza. Nella convinzione che, oltre allo storia e alla geografia, ci accomuna lo stesso destino.
Fonte: esteri.it