“White Men” e’ un film documentario di Alessandro Baltera e Matteo Tortore di 65 minuti sulle avversità che devono affrontare gli albini in Tanzania.Una persona affetta dalla mancanza di pigmentazione della pelle, affetta da albinismo appunto, in un paese di cosiddetti “neri”, e’ una persona rara che, credono alcuni, possa portare fortuna o sfortuna quindi per l’uno o per l’altro motivo una persona affetta da albinismo va eliminata o danneggiata fisicamente.
I due documentaristi hanno seguito la vita quotidiana di diversi albini in Tanzania e poi hanno messo il tutto (120 minuti di girato, hanno detto) in un film.
I registi, presenti in sala, hanno riferito di non avere più rapporti con l’associazione di albini in Tanzania che, presumibilmente, li ha messi in contatto con i protagonisti del documentario. Una mancanza di contatti dovuta ad un’incomprensione sui soldi. Il video e’ stato finanziato, infatti, dalla Piemonte film commission.
La cosa più interessante di questo documentario e’ vedere come vivono gli africani in Tanzania. Com’e’ la vita di un villaggio. Come sono le case dei paesi della Tanzania e non solo delle città più importanti.
La cosa meno interessante e’ che si parla ancora una volta di un aspetto negativo di un paese africano.
Piervincenzo Canale
Gentile sig. Canale,
purtroppo mi rendo conto che abbiamo avuto dei seri problemi di comunicazione. Effettivamente è la prima volta che ci troviamo nella condizione di comunicare ad un così vasto pubblico e, con maggior difficoltà, alla stampa. Certo non vuole essere una giustificazione della nostra scarsa incisività paroliera, ma è semplicemente un fatto.
Quindi approfitto delle possibilità offerte da internet per provare a fare chiarezza.
Innanzitutto un piccolo misunderstanding sul titolo del film: il film firmato da me e da Alessandro Baltera si intitola”White Men” e non “White Man” come titola il suo articolo. La differenza potrà apparire di poco conto, ma purtroppo non lo è. In secondo luogo abbiamo sì seguito la vita quotidiana di alcuni albini, per la precisione 4, ma facendo un lavoro sul territorio che credo poche altre imprese cinematografiche possano fare. Ci sembrava doveroso, infatti, confrontarci con una realtà a noi così distante culturalmente sentendo più pareri possibili; da antropologi occidentali a ricercatori di sociologia tanzaniani, da missionari a bambini di strada, da parlamentari a mendicanti, da poliziotti a sindaci, e ancora: pastori evangelici, muezzin islamici e bramini indù. Senza contare i pescatori e i minatori (d’oro) locali che compongono circa il 70% della popolazione di quel ramo del lago Vittoria che bagna le coste tanzaniane. Non per una volontà investigativa, per carità, non ci compete. Piuttosto per senso del pudore, per evitare di fare violenza, anche solo intellettuale, a chicchessia. Ovviamente per fare questo 120 minuti di girato sarebbero quanto mai insufficienti. Si tratta di ben altro lavoro: 120 ore: 120×60=7200 minuti.
Per quanto riguarda il nostro rapporto con la Tanzanian Albino Society, che effettivamente ci ha messo in contatto con parte delle persone coinvolte nel progetto, si sono verificate alcune incomprensioni con un paio di esponenti, dirigenti dell’associazione, perché purtroppo hanno considerato un consistente gruzzolo portatogli in omaggio (completamente autofinanziato attraverso una festa privata), come dono personale invece di una donazione in grado di garantire cure mediche per una decina di persone per un anno. E questo, come capirà anche lei, ha leggermente incrinato i rapporti. Purtroppo, poi, non conoscendo la lingua perfettamente, risulta quanto mai difficile avere dei rapporti telefonici con loro. In più l’albinismo oculoutaneo provoca dei seri problemi di vista, come la parola lascia ad intendere, e questo, aggiunto al fatto che la città di mwanza non può essere certo annoverata come avamposto della banda larga, impedisce una comunicazione via internet. Approfitto ancora di questo spazio per chiedere aiuto a qualche lettore, interessato e competente, che possa sopperire a questa nostra mancanza e farsi carico spontaneamente della cura di qualche persona affetta da albinismo, se volesse prendersi cura di qualche persona ritratta nel nostro lavoro, e ne avesse i mezzi, sarei la persona più contenta del mondo.
Per concludere, mi trovo concorde con lei: purtroppo l’ennesimo aspetto negativo dell’Africa. Non posso però sentirmi responsabile di questo.
La ringrazio per l’attenzione mostrata per il nostro lavoro.
Cordiali saluti.
Gentile sig. Tortone,
Grazie per aver lasciato un commento su questo sito e grazie per aver precisato il titolo del suo film. Si è trattato di un refuso, “white man” [uomo bianco] invece del corretto titolo “white men” [uomini bianchi].
Per il resto grazie della precisazione sulle ore e non minuti di girato e sull’incomprensione con l’associazione degli albini della Tanzania. A questo proposito sarebbe interessante sapere quanto vi è costato, economicamente parlando, girare e preparare questo film e quanto siete riusciti a rientrare nelle spese o a guadagnare. Inoltre sarebbe interessante sapere cosa vi ha spinto ad occuparvi di questa storia.